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Ciao, come stai?
Come sempre, non è solo una domanda di circostanza, mi fa piacere sentirti. Se ti va di mandarmi un saluto ti basta rispondere a questa email.
Io tutto bene, sono tornato a Bergamo per godermi un po’ di giorni di festa con amici e famiglia.
Ormai sta diventando una tradizione, nell’ultima newsletter dell’anno (o la prima del nuovo anno se ci metto troppo a scriverla) riprendo tutti i sottotitoli delle newsletter passate e ti svelo il nesso che c’è tra di loro (eh già, non erano solo frasi senza senso).
Forse avrai notato che nelle newsletter del 2024 tutti i sottotitoli iniziavano con “C’era un posto dove…”. Ecco, ho provato a inventare delle realtà parallele, simili alla nostra, ma con una particolare differenza. L’idea mi è venuta leggendo il libro di una illustratrice che ha realizzato qualcosa di simile in delle bellissime e divertentissime storie.
Quindi per questa volta niente pippone sulla vita, l’universo e tutto quanto… Ti lascio invece la lista dei 12+1 posti che mi sono divertito a immaginare in questi mesi. Per ogni luogo ho aggiunto una breve descrizione e ogni tanto mi sono fatto prendere un po’ troppo la mano. Quindi vedi tu, magari ti conviene leggere i titoli e approfondire solo i luoghi che ti ispirano i più.
Buona esplorazione.
1) C'era un posto dove andavano tutte le frasi che le persone si pentivano di aver detto e che per fortuna nessuno aveva sentito
Queste frasi prendevano la forma di piccoli fogli gialli di forma quadrata. A volte le parole erano minuscole e si stringevano più che potevano per starci tutte. A volte invece c’era scritta una sola parola, grande, al centro e con i bordi rimarcati più volte.
Le persone trovavano ogni tanto per caso questi foglietti gialli. Tra le pagine di un vecchio libro, sotto una poltrona, nella cuccia del cane o magari appallottolate nella tasca dei pantaloni. Nessuno sapeva da dove venissero, chi le avesse scritte o come facessero a infilarsi proprio lì, in quei posti inaspettati.
Quando qualcuno trovava un foglietto lo metteva da parte e aspettava di essere in compagnia. Nessuno voleva leggere i foglietti gialli da solo perché a volte le frasi erano così forti che potevano farti sentire male, anche per più giorni di fila.
I foglietti venivo letti in gruppo, una parola a testa. Alcune le leggevi e alcune le ascoltavi fino a che il messaggio prendeva forma e significato.
Dopo aver letto il foglietto, questo veniva piegato e poi bruciato. Mentre le fiamme annerivano e facevano scomparire la carta, le persone si stringevano e si rincuoravano a vicenda dicendosi: “Era solo un biglietto”.
2) C'era un posto dove la notte arrivava solo una volta all'anno
Non esisteva alba o tramonto. Le giornata aveva dodici ore di “sole vicino” e dodici ore di “sole lontano”. Quando il sole era lontano la temperatura scendeva di una decina di gradi e la luce si faceva più tenue e soffusa. Alcune persone rimanevano a casa e dormivano durante le ore di “sole lontano”, ma non tutti. Altri preferivano, o così erano stati abituati fin da piccoli, dormire quando il sole era vicino e forte e svolgere le proprie attività nel resto della giornata.
Visto che a qualsiasi ora del giorno c’era luce e si trovava sempre qualcuno sveglio, non esistevano degli orari lavorativi ufficiali e i negozi erano sempre aperti. Anche gli uffici e le scuole non chiudevano mai per permettere a chiunque di non stravolgere la propria routine di sonno. Infatti in base a quali ore della giornata si rimaneva svegli, si veniva identificati in diversi modi nella società. C'erano le persone, e solitamente intere famiglie, dette “calde”, che dormivano quando il sole era lontano. Al contrario, le persone “fredde” erano sveglie e in attività durante le ore di “sole lontano”.
C'erano anche delle ore in cui solitamente tutti erano svegli. Quando i “caldi” stavano finendo la loro giornata e i “freddi” si erano svegliati da poco, o viceversa. In questi orari si tenevano la maggior parte dei grandi eventi pubblici. Manifestazioni, eventi culturali e sportivi, assemblee generali, ecc. In questi due momenti della giornata, chiamati “vigilie”, le persone con diversi “fusi” erano solite darsi appuntamento.
Però c’era un giorno molto speciale. L’ultimo giorno dell’anno, il sole veniva completamente coperto dalla luna e per circa dodici ore tutta la popolazione si ritrovava avvolta nella notte. L’unica notte dell’anno. In questa occasione tutti si fermavano, nessuno lavorava, le luci artificiali delle città venivano spente e tutti insieme, caldi e freddi, passavano la notte a guardare le stelle con sguardi pieni di sorpresa e meraviglia.
3) C'era un posto dove andavano a finire tutte le cose che erano sulla punta della lingua
In questo posto c’era sempre vento e le persone erano ormai abituate a proteggersi con visiere e impermeabili quando uscivano di casa. Ma la vera particolarità è che il vento trasportava dei suoni, delle parole. Se ti concentravi attentamente, tra i fruscii, potevi sentire delle strane voci: “Vilnius!”, “I Fichi d’India!”, “Dory!”, “Luca Lauerenti!”, “Dottor Zoidberg”… Insomma, nomi e parole apparentemente casuali e insensati.
Però, a volte, il vento trasportava un nome che quando lo sentivi ti faceva provare una forte sensazione di stupore. Non sapevi bene perché, però all’improvviso ti ritrovavi a pensare “Oooh, è vero! La conosco bene questa cosa... Che coincidenza, prima di sentirla nominare non me ne sarei mai ricordato il nome”.
4) C'era un posto dove non esistevano le porte
In questo posto non si sentiva l’esigenza di costruire qualcosa simile a una porta. Le case delle persone avevano solitamente tante entrate, non solo una principale, e queste erano rivestite con delle stoffe o plastiche per isolarle dal freddo. D’estate venivo rimosse anche le protezioni per far circolare l’aria. Nessuna serratura, nessuna chiave, nessuno spioncino.
Per tutti era normale che degli ospiti entrassero in casa liberamente, se invitati, o si annunciassero chiedendo il permesso. E se non c’era nessuno in casa, si poteva entrare senza problemi e, come si direbbe da noi, “fare come a casa tua”.
Esisteva il concetto di proprietà privata, ma era molto diverso da quello a cui siamo abituati. Quando qualcuno diceva di possedere qualcosa, intendeva dire di aver deciso di prendersene cura, non che quella cosa era riservata solo a lui o che nessun altro poteva appropriarsene. Insomma, le cose erano allo stesso tempo di tutti e di nessuno, comprese le case sprovviste di porte.
5) C'era un posto dove finivano tutti i regali ricevuti, mai usati e inevitabilmente persi
Era un posto abbastanza normale, almeno ai nostri occhi. L’unica eccezione era la l’esistenza dei "pacchi di nessuno”. Ogni tanto le persone ricevevano dei pacchi senza mittente. Bastava avere una residenza, un indirizzo valido qualsiasi, e due o tre volte all’anno eri sicuro di ricevere questi strani pacchi.
Le persone si erano talmente abituate che avevano smesso di chiedersi da dove venissero e li prendevano come segni di buona fortuna. Infatti solo di un valore scaramantico si trattava visto che il contenuto dei pacchi era sempre qualcosa di estremamente inutile o disdicevole o brutto o tutte queste cose insieme. Maglioni con scritto “Ti voglio tanto bene Luca”, una grattugia elettrica per pop-corn, dei jeans con le tasche posteriori al posto di quelle anteriori, un libro dal titolo “Perché leggere fa male alla salute”, un set di bicchieri per mancini… Insomma, roba di questo tipo.
6) C'era un posto dove si poteva essere allergici ad alcuni tipi di persone
Non era molto comune, ma ogni tanto capitava. Si iniziava con uno strano prurito sulle mani e la gola che bruciava. Poi occhi lacrimanti, sfoghi sulla pelle e un continuo starnutire.
Quando succedeva il medico ti prescriveva dei test, prima quelli più semplici che riguardavano cibi e sostanza particolari. Poi, se tutto sembrava nella norma, allora si procedeva a delle prove con le persone che ci erano introno. Una settimana senza incontrare i propri genitori, una senza fratelli, sorelle o nonni, una senza quel gruppo di amici, una senza colleghi e così via. Pian piano il cerchio si restringeva e si capiva quale persona, o più persone, era la causa di tutti quei sintomi fastidiosi. Una volta identificata l’origine dell’allergia degli psicologi specializzati ti potevano aiutare a capire quale tratto della loro personalità fosse il fattore scatenante.
A volte questo processo si rivelava un vero dramma, figli che potevano vedere i genitori poche volte all’anno (e ben distribuite), coppie che entravano in crisi o amicizie che si sfaldavano. Però, fortunatamente, il più delle volte scoprire di essere allergici ad un certo tipo di persone non aveva particolari impatti se non l’abitudine di fare una bizzarra domanda quando si era invitati ad un evento pubblico: “Per caso ci sarà qualche persona che giudica gli altri in base a come si vestono? Chiedo perché purtroppo sono allergico, spero non sia un problema. Comunque ho sempre con me le pastiglie per sicurezze eh! Quindi non preoccuparti, è più per scrupolo…”.
7) C'era un posto dove era impossibile dire le bugie
Non so bene il perché, magari qualcosa di chimico nell’organismo o di genetico, fatto sta che in questo posto appena una persona provava a dire una bugia la gola si irrigidiva e le parole non venivano proprio fuori. Anche se si provava a scrivere qualcosa di falso non c’era niente da fare, le dita si bloccavano e si iniziava subito a sudare freddo. Tutti quanti, fin da bambini, imparavano che provare a mentire era solo un frustrante spreco di tempo.
Se uno di noi si ritrovasse in questo luogo farebbe molta fatica a relazionarsi con gli altri. Infatti era ritenuto molto offensivo fare domande dirette se non si era in confidenza. Nessuno chiedeva “Come stai?”, “Tutto bene?”, “Cosa hai fatto nel weekend?”, “Come sta la tua famiglia?”, “Com’è quel piatto che hai ordinato, buono?”. Anzi, le poche volte che qualcuno faceva una domanda di questo tipo, le persone rispondevano “Perché mi fai questa domanda?” e quasi sempre il tutto finiva con uno “Scusa hai ragione, cambiamo discorso”.
8) C'era un posto dove ci si poteva scambiare le paure
Non era un procedimento particolarmente complesso, c’erano dei “Centri Scambio Paure” dedicati in tutte le città, anche nei paesi non molto grandi. Puoi immaginare qualcosa di simile alle nostre farmacie.
Si andava al CSP (Centro Scambio Paure) e si chiedeva quali paure erano disponibili per lo scambio. Ad ogni paura era associato un valore che indicava la sua “forza”, cioè il suo impatto sull’energia mentale e fisica di chi l’avrebbe fatta sua. Alcune persone riuscivano a tollerare valori molto alti, ma mediamente si cercava di non andare oltre l’80 come somma di tutte le paure che si aveva nello stesso momento.
Quindi, se in catalogo c’era qualche paura di valore simile o inferiore a quella che si voleva scambiare, il gioco era fatto. Si pagava la commissione di scambio e ci si ritrovava con una nuova paura, diversa da quella con cui si era entrati nel CSP.
C’era chi voleva viaggiare ma aveva paura di volare e quindi la scambiava con qualcosa di meno scomodo, per esempio con la paura di qualche animale o di rimanere bloccati in ascensore. C’era chi aveva una terribile paura del dentista e quindi per qualche giorno la scambiava con la paura dell’altezza o dei clown, cose così.
Era abbastanza comodo questo processo e aiutava molto le persone a non farsi limitare dalle proprie paure. L’unico problema era abituarsi a non avere mai paura e poi ritrovarsi con "la paura di avere paura”, una delle più difficili da scambiare.
9) C'era un posto dove solo il 2,7% della popolazione aveva il dono della vista
In questo posto la maggior parte delle persone non poteva vedere e tante usanze e oggetti a cui noi siamo abituati non erano presenti. Nessuna lampada o luce artificiale. Nessun libro o biblioteca, nessun film o cinema.
In compenso, tanti nuovi oggetti e attività si erano sviluppati in questo luogo. Le audioteche erano i luoghi dove il sapere era collezionato in migliaia e migliaia di registrazioni. Poi c’erano gli stimola, degli edifici in cui durante l’esecuzione di una registrazione d’autore, l’equivalente dei nostri film, si stava seduti su delle poltrone che vibravano, si muovevano e a volte emettevano pure dei profumi particolari.
A scuola le lezioni erano prettamente orali e, per prendere appunti, gli studenti registravano sempre tutto e poi modificavano la registrazione per renderla più facile da riascoltare e assorbire.
Non esistevano macchine, autobus o aerei. Le persone si spostavano a piedi, con dei dispositivi per sondare il terreno e segnalare la propria presenza agli altri, o grazie a degli animali addestrati a percorrere certe tratte avanti e indietro.
Una piccola parte della popolazione, circa il 2,7%, poteva invece vedere. Però, purtroppo chi nasceva in queste condizioni non aveva di fronte un roseo futuro nella maggior parte dei casi. Per legge i bambini Vedenti dovevano essere segnalati subito al proprio comune e sarebbero stati presi e fatti crescere in delle strutture dedicate. La scusa dello stato era di poter far vivere queste persone in luoghi adatti, con luci anche di notte e strumenti che nessuna persona comune era in grado di usare. La verità è che si trattava di qualcosa di simile alle nostre prigioni e i poveri Vedenti passavano buona parte del loro tempo a registrare descrizioni accurate di alcune persone molto ricche che potevano permettersi il lusso di “farsi descrivere” da un Vedente.
10) C'era un posto dove per guidare una macchina servivano quattro persone
Non so perché qui nessuno aveva mai pensato di progettare le macchine per essere guidate da una sola persona come da noi. In questo posto le macchine avevano solitamente otto posti, di cui quattro per i guidatori.
Come puoi immaginare non era molto comunque avere una macchina di proprietà per una famiglia. Solitamente si acquistava una macchina in comune con altre tre o quattro famiglie, e ci si organizzava di volta in volta decidendo chi sarebbe andato, a che ora e dove.
Può sembrare un po’ sconveniente, però mi sembra giusto sottolineare che in questo luogo non esisteva il concetto di traffico o di inquinamento stradale. Ma, soprattutto, le persone erano abituate a muoversi in compagnia e ogni tragitto diventava un’occasione per socializzare.
11) C'era un posto dove finivano tutte le promesse non mantenute
Questo posto assomigliava molto ad un negozio IKEA del nostro mondo. Anche come dimensioni ci si va molto vicino. Una volta entrati ci si ritrovava circondati da diverse pareti piene di piccoli cassetti che andavano dal pavimento fino al soffitto. C’erano anche delle scale scorrevoli che permettevano di raggiungere i cassetti più in alto.
In questo posto non c’era tanto da fare se non girovagare tra i tanti scaffali e aprire ogni tanto un cassetto. Una volta aperto ne fuoriusciva un piccolo globo di luce ed una voce sottile e pacata iniziava a ripetere all’infinito una frase.
“Ti prometto che non accadrà nulla…”, “Ti prometto che domani porto fuori la spazzatura…”, “Sistemerò le cose, te lo prometto…”, “Cascasse il mondo, entro la fine dell’anno torno in palestra, è una promessa…” Insomma, frasi di questo tipo.
Si è vero, non è un posto incredibile, però una volta ti ci porto se vuoi, te lo prometto.
12) C'era un posto dove non esistevano i nomi delle persone
In questo posto quando ci si conosceva non si chiedeva mai “Come ti chiami?”. Sarebbe stata una domanda strana, come per noi chiedere “Che nome ha il tuo naso?”. Piuttosto ci si chiedeva “Chi sei?” e le risposte potevano essere molto varie. C’era chi rispondeva descrivendo il proprio lavoro, chi i suoi hobby e altri sceglievano di raccontare alcuni tratti della propria personalità. O magari, se l’occasione lo permetteva, ci si affidava a qualche legame di parentela o conoscenza. “Lui è mio padre”, “Sono la mamma della bambina che festeggia il compleanno”, “Sono il cugino dell’amico di tua sorella…” e così via.
E niente, con mia grande sorpresa, per il resto era tutto più o meno come da noi senza particolari difficoltà nel vivere in un mondo senza nomi propri.
+1) C’era un posto dove non esistevano le newsletter
Era più o meno come il nostro, solo che negli ultimi minuti avresti fatto altro.
Spero che qualcuno di questi strampalati posti ti sia piaciuto. Se anche tu ti sei fatti prendere dalla voglia di inventare dei “posti dove…”, scrivimeli in un messaggio, è sempre bello esplorarne di nuovi.
Buone feste (probabilmente in ritardo).
Ci leggiamo presto,
Davide
I miei progetti
👉 Sto esplorando nuove idee e prodotti per la community del Life Design Program
Hp preparato un sondaggio esplorativo per capire come progettare al meglio le prossime iniziative per l’anno prossimo. Rispondendo al questionario (3-5 minuti), avrai accesso prioritario alle novità del 2025 quando apriranno le iscrizioni!
👉 Arriva una nuova edizione del Life Design Program!
La prossima edizione del Life Design Program partirà ad inizio Febbraio 2025 (qui trovi tutte le informazioni se vuoi candidarti).
Libri
📚 La scimmia nel cassetto di Riccardo Scandellari
Un bel libro di marketing, personal branding e storia personale dell’autore. Mi è piaciuto particolarmente perché è uno dei pochi libri di marketing che non ti cerca di vendere il sogno del “fai così e sarai il re del mondo!”.
📚 The Portfolio Life di Christina Wallace
A tratti un po’ prolisso, però non posso che condividere l’idea di fondo in cui invece che una “carriera” si pensa al proprio lavoro come un “Portfolio di attività”.
📚 Useful Not True di Derek Sivers
Sono sempre di parte con Derek e anche questo libro mi è piaciuto molto. Asciutto, tagliente e che ti fa mettere tutto in nuove prospettive. Insomma, se una verità non esiste, tanto vale credere in ciò che ci fa stare bene.
📚 A Wild Mind di Andrea Bariselli
Un bel libro di questo psicologo e neuroscienziato che ci avverto di quanto il ritmo frenetico delle nostre vite ci stia sfuggendo di mano. Si parla di come funziona il nostro cervello, di cultura del lavoro, di natura… ma soprattutto di come possiamo immaginare e riavvicinarci ad una vita più umana.
📚 Norwegian Wood. Tokyo Blues di Murakami Haruki
Un altro bellissimo libro del maestro giapponese. Un intreccio di storie in cui è difficile non ritrovarci un pezzetto della nostra.
📚 Nexus di Yuval Noah Harari
Come le Intelligenze Artificiali cambieranno la nostra società? L’ormai celebre storico Harari fa un’interessante panoramica della storia dei “sistemi informativi” che nel tempo hanno definito la realtà in cui viviamo. Non so bene se sono d’accordo con tutte le conclusioni del libro, ma sicuramente queste nuove intelligenze hanno, e avranno, un forte impatto su come si svilupperà la nostra società e modalità in cui prenderemo, o non prenderemo, decisioni.
Luoghi
🎒 La Spezia, Italia
Ho passato i giorni di capodanno in questa città Ligure. Senza particolari motivi in realtà se non la vicinanza al mare e alle Cinque Terre. Infatti, anche la città stessa rispecchiava questo suo essere più un luogo di passaggio che di arrivo. Un po’ trascurata, ma senza vergogna, “Tanto non siamo qui per rimanere”.
🎒 Cinque Terre, Liguria, Italia
Non è un caso che siano così famose in tutto il mondo. I panorami che si incontrano girovagando per queste terre sono molto suggestivi. In inverno si aggiunge anche quella patina di malinconia tipica dei posti di mare quando fa freddo.
Cose interessanti, riflessioni e domande
💡 Lunga vita agli animali
In Groenlandia sono stati scoperti degli squali con più di 400 anni.
💡 Un sito che ti fa volare
Su questo sito puoi far volare in modo realistico diversi tipi di aerei, ma soprattutto puoi decidere dove volare. Consiglio: scegliere la propria città e volare sopra il tetto di casa propria ha un suo fascino, da provare.
💡 Identità e carriera
Quanto siamo legati a descrivere agli altri chi siamo con il nostro lavoro? Quanto questo può aiutarci o limitarci nella vita?
Una fotografia
Riflessioni invernali.
Târgu Jiu, Romania. 2024.
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