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Ciao, come stai?
Come sempre, non è solo una domanda di circostanza, mi fa piacere sentirti. Se ti va di mandarmi un saluto ti basta rispondere a questa email.
Io sono tornato qualche giorno a Bergamo per festeggiare i giorni di Pasqua in famiglia e per godermi un po’ di mattacchionate con gli amici di sempre.
Al momento ti sto scrivendo da un treno diretto a Brescia che sorprendentemente è pure in orario. Il motivo principale è la vista della mostra dedicata al fotografo Joel Meyerowitz. È uno dei massimi esponenti dello stile street photography, che ormai da anni mi appassiona e mi ispira a fotografare in giro per il mondo (se ti interessa approfondire ne ho parlato nel dettaglio in una newsletter passata).
Visto che di street photography ne ho già parlato, ho pensato di aggiungere ora un nuovo ingrediente. Una riflessione che unisce la fotografia di strada con la meditazione.
A dire il vero anche di meditazione ne ho già parlato in passato, soprattutto quando l’ho sperimentata per un po’ di tempo in Thailandia (questa la newsletter a cui mi riferisco). Nel tempo però, coltivando queste due pratiche, ho iniziato a vederci diverse connessioni. Ti lascio quindi degli spunti che sono emersi accostando questi due mondi apparentemente lontani.
1 - Accettare la realtà per quello che è
La street photography è l’unico stile fotografico, che io conosca, in cui si scatta senza un fine particolare. Senza l’idea in testa di cosa si vuole ottenere. Si scatta e basta, cercando di cogliere il momento per come si presenta. Il fotografo che si “affida alla strada” non può sapere cosa aspettarsi. Certo, magari sceglie un luogo piuttosto che un altro in base al suo gusto, ma sarà il mondo stesso a creare la scena. O meglio, quella porzione di realtà che verrà immortalata attraverso la sua lente.
Lo stesso vale per la meditazione. Al contrario di quanto spesso si legga in giro, la meditazione non ha l’obiettivo di renderci più calmi, rilassati e in pace con noi stessi. Questi sono al massimo dei piacevoli effetti collaterali della pratica. La meditazione è un’attività, ormai una delle poche nelle nostre vite, che non ha un fine ultimo. Anzi, è proprio la volontà di essere e basta in quel momento a definirla. Diventare puro osservatore per raggiungere un livello di consapevolezza più alta rispetto a quello quotidiano fatto di pregiudizi e emozioni egoriferite.
2 - Imparare a stare nel momento e osservare
Sembra banale no? Che ci vuole a “stare seduti senza fare nulla”? Beh, se la pensi così, prova a stare 5 minuti ad occhi chiusi senza muovere il corpo e senza iniziare a partire per la tangente con i pensieri. Non è proprio così facile, eh?
La street photography è un ottimo allenamento da questo punto di vista. Perché per ottenere dei buoni scatti l’unico modo è osservare e lasciarsi andare a quello che sta di fronte a noi. Se proveremo a “controllare” la scena, a far mettere quella persona in quella posizione o ad aspettare il momento perfetto in cui si avvererà quello che abbiamo in mente… Ecco che andremo in contro ad una grande delusione. Le foto sembreranno forzate, o peggio, il momento perfetto non arriverà mai e non scatteremo neanche. Inoltre, il processo fotografico risulterebbe frustrante e fastidioso… Non sarebbe più facile ingaggiare dei modelli che si posizionino esattamente dove voglio io? Beh, si! Ma nella fotografia di strada, come nella meditazione, il punto non è avere un’idea e cercare di realizzarla. Bensì l’opposto, osservare e cogliere la realtà per come si presenta.
3 - Lasciar andare ogni giudizio
L’ostacolo più grande verso l’accettazione del momento siamo noi stessi. O meglio, i nostri giudizi che pian piano iniziano a dirci: “Questo non va bene… Sarebbe meglio quello… Ma hai visto questo? Ohhh vorrei essere da un’altra parte… Ohhh perché non posso anche io fare quella cosa?”. Insomma, ci siamo capiti.
Questa penso sia una delle maggiori difficoltà per chi inizia a meditare. Invece di sedersi, chiudere gli occhi e sentire una bella sensazione di pace, ecco che la nostra mente inizia a sparare giudizi da tutte le parti. Ma il problema non è la nostra mente, che è progettata per funzionare così. Il problema sorge nel momento in cui noi prendiamo sul serio quei giudizi e li facciamo nostri. Ecco che da quel “vorrei che fosse così…” inizia una catena di preoccupazioni, ragionamenti e emozioni contrastanti. Tutto perché abbiamo dato per scontato che quel primo pensiero fosse reale e utile. Meditare significa proprio allenarsi a riconoscere questi pensieri, osservarli e lasciarli andare… senza darci peso. Come se fossero alla pari del suono di una macchina che passa fuori casa. Lo senti, ti distrae un po’, ed ecco che già te ne sei dimenticato e sei tornato concentrato sul respiro, un mantra, una candela o quello che vuoi tu.
Stessa cose nella street photography, inizi a scattare e subito inizia a pensare: “Ma saranno uscite bene le foto? Sarebbe bello se ora passasse un cagnolino in quel punto! Dovrei restare ancora o cambiare zona?”. Infatti, un’abitudine che è bene disimparare quando si fa street è quella di guardare subito nello schermo come è venuta la foto. Perché farlo ci porterà inesorabilmente nella modalità “giudice” e condizionerà le nostre azioni e pensieri. L’arte della street photography sta proprio nell’immergersi nel momento fino al punto in cui lo scatto diventa un’azione naturale e senza un fine. Scatto perché in questo momento quella porzione di mondo mi ha colpito e catturato. Mi faccio catturare, scatto e lascio andare il mio giudizio. Mi faccio catturare di nuovo, scatto e lascio andare. Così finché le gambe reggono (che in effetti vale sia per la fotografia che per la meditazione).
4 - Tutto è uno
Ok, fino a qui più o meno siamo stati sul pratico. Pensieri, azioni, esempi concreti. LE prossime righe so già che saranno le più complesse da scrivere. Perché di fatto l’idea che “tutto è uno” è un concetto non razionale e che puoi cogliere veramente solo “sentendolo” (o almeno, così mi hanno detto diversi esperti di meditazione in più parti del mondo, quindi mi sembra plausibile). Però vabbè, ci proviamo lo stesso.
Tentiamo con una metafora. Immagina che le onde del mare siano coscienti, come noi. C’è l’onda Paolo, l’onda Susanna, l’onda Marco, ecc. Queste onde si sentono delle entità distaccate dal resto. Ognuna ha il suo inizio, la sua cresta che si alza e poi la sua schiuma bianca che si crea quando il suo corpo sbatte sull’acqua. Ognuna di queste percepisce che è “nata” e che, dopo essere diventata del tutto schiuma, “morirà”.
Però, per noi che osserviamo da fuori e che fortunatamente viviamo più del tempo di una singola onda, è evidente che le onde non siano qualcosa di diverso dal mare e dal resto dell’acqua in cui sono immerse. Anzi, sappiamo bene che sono “semplicemente” una momentanea configurazione della sterminata massa d’acqua che abbiamo davanti. Spero di aver reso l’idea, ma di fatto anche il nostro universo è così. Siamo tanti esseri coscienti con l’impressione di essere un “io” che nasce e muore, ma la realtà è che siamo fatti di atomi e molecole come tutto ciò che ci circonda e facciamo parte del tutto. Quella cosa che chiamiamo io, e a cui spesso diamo tantissima importanza, è solo un’illusione. Un mezzo che la nostra mente ci fornisce per sopravvivere e relazionarci con gli altri. E se l’onda Susanna riuscisse a percepire ad un certo punto che è parte del tutto, molto probabilmente vedrebbe se stessa e tutto ciò che la circonda con occhi diversi.
Come ti dicevo non è facile parlarne. Anche perché il nostro stesso linguaggio è fatto di tempi verbali che si riferiscono a persone. Io, tu, noi, voi… E invece basterebbe dire: “Esiste solo il tutto. Il tutto esiste e basta”.
Forse ti stai chiedendo: “Perché tutto questo pippone da yogi surfista denoilatri?”. Beh, un po’ perché chi medita tanto ad un certo punto arriva a percepire qualcosa di questo tipo e a quanto pare questa percezione poi cambia tutto. Un po’ perché anche nella street photography, se ci si abitua a scattare senza pregiudizio, si inizia davvero ad intuire che alla fine quel gatto spensierato, quel palo della luce, quella signora con la spesa e quel palazzo… sono la stessa cosa. Parte del tutto, che è l’unica cosa che esiste.
5 - Prendere consapevolezza del nostro punto di vista
L’ultimo spunto riguarda il nostro più grande limite, il nostro punto di vista soggettivo. È abbastanza evidente che noi vediamo il mondo attraverso delle lenti. I nostri sensi, pensieri e emozioni sono elaborate dal nostro corpo in modo estremamente personale. E fin qui, tutto ok. Il problema sorge quando, abituati alle nostre lenti, ci dimentichiamo che esistono. Iniziamo a pensare che la realtà sia quella che noi percepiamo, che il concetto di “io” rappresenti qualcosa di concreto e che “quella persona è chiaramente impazzata se fa quello o dice questo…”. Insomma, lo stesso potentissimo strumento che ci permette di relazionarci nel mondo ci si può ritorcere contro se dimentichiamo che è solo uno strumento.
Sia la meditazione che la street photography ci aiutano a non cadere in questo inganno. Con la prima pratica ci esercitiamo ad osservare la realtà dentro di noi, togliendoci pian piano le lenti, fino al punto in cui cadono tutti i confini tra “noi” e il “tutto”. Nella seconda pratica, sempre senza pregiudizi, osserviamo la realtà fuori di noi con i nostri sensi. Quando fotografiamo senza aspettative diventa evidente che lo stesso soggetto nelle identiche condizioni può assumere molteplici forme e significati per noi. Figuriamoci per altri essere senzienti che indossano lenti diverse dalle nostre! Si tratta di una continua evidenza che il nostro punto di vista è solo uno su un infinità.
Spero che questa unione tra mondi diversi, meditazione e fotografia, ti sia piaciuta e che si sia capito qualcosa. Se ti va, scrivimi pure cosa ne pensi… Meglio ancora se qualcosa non ti torna, potrebbe essere un buono spunto per raffinare queste riflessioni.
Ci leggiamo presto,
Davide
I miei progetti
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Libri
📚 Intelligenza emotiva di Daniel Goleman
Ormai un vero e proprio classico delle teoria psicologiche applicate alla nostra vita quotidiana. Se oggi è ormai abbastanza diffuso il concetto che non basta guardare al QI per misurare l’intelligenza, lo dobbiamo sopratutto al buon Goleman.
📚 Tiny Experiments di Anne-Laure Le Cunff
Un bellissimo e scorrevole saggio che incarna a pieno la filosofia della sperimentazione e curiosità applicata alla vita.
📚 Nero di Luca Giommoni
Un romanzo che mi ha confuso, fatto riflettere, ma soprattutto ridere di gusto. Tutto ruota attorno ai complotti, più o meno verificati, che ogni giorno si diffondono nel mondo. Siamo sicuri che l’inefficienza delle code alle Poste sia solo pigrizia?
📚 Giocare è un'arte di C. Thi Nguyen
Beh, ci ho dedicato tutta la precedente newsletter sui temi di questo libro (la trovi qui). Direi che non serve aggiungere altro.
Luoghi
🎒 Play Festival, Bologna, Italia
Sono stato per la prima volta al Play Festival, il più grande evento dedicato al gioco, e in particolare al gioco da tavolo, in Italia. Una bella esperienza, anche se con un bel casino che stordisce. Affascinante vedere migliaia di persone appassionate a qualcosa di nicchia tutte insieme nello stesso posto.
🎒 Tempio del Valadier, Gola di Frasassi, Genga, Italia
Non avevo mai visto un santuario cristiano così grande costruito dentro una montagna. Vale davvero la pena visitarlo anche se purtroppo viene spesso messo in ombra dalle vicine Grotte di Frasassi.
🎒 Mostra fotografica di Joel Meyerowitz, Brescia, Italia
Beh, che dire, tutta questa newsletter è nata proprio sul treno che mi stava portando lì… Una bella mostra di un fotografo che rappresenta a pieno l’idea di “esserci” e prestare attenzione alla realtà senza pregiudizio.
Cose interessanti, riflessioni e domande
💡 Un ritorno al passato nel futuro
L’azienda motociclistica Kawasaki sta progettando un mezzo di trasporto a quattro “zampe”. Una specie di robottone quadrupede che puoi “cavalcare”. Udite udite cavalieri, il vostro momento sta tornando.
💡 Best seller scritto da un’AI
Penso sia ormai una notizia abbastanza diffusa. Però mi ha colpito molto. La casa editrice TLON ha pubblicato di recente un libro, “Ipnocrazia”. Best seller in pochi giorni e poi si è scoperto dopo settimane che l’autore non esiste ed è stato scritto da un collettivo di filosofia tramite l’utilizzo di AI. Beh, un bel caso da leggere e studiare.
💡 E se la vita fosse più facile di quello che sembra?
Una fotografia
Passeggiata per sgranchire un po’ le gambe.
Brescia, Italia. 2025.
P.S. Si, questa foto l’ho scattata nel tragitto tra la stazione e la mostra cercando di mettere in pratica quello che avevo appena scritto prima.
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